mercoledì 4 aprile 2012



Sottili dischi traslucidi
bagnano le mie dita,
pirandelliana pesantezza,
Rovescio spicchi confusi,
frammenti, cocci di vita,
sparsi su un pavimento
putrido.
Osservo tristemente
attimi inutili sporcati
da fango, bagnati da
pioggia acida, offesi da
parole amare.
Trasfiguro la vana
felicità in sadismo
rapace, infilzo con un ago
appuntito d’un vecchio
fuso
momenti riflettenti un sorriso.
Ripenso ai vocianti
nello spazio d’un millimetro.
abbagli che popolano
i miei sogni, gracidano
gretti agli angoli di
quel pavimento.
Sento un alone macchiato
d’olio e ruggine
impadronirsi delle mie
membra, tesorizzo
pensieri e parole
non dette, taciute,
segregate nell’ombra
affranta.


Ecco, d’un tratto,
silenzio.
S’ode un respiro
sommesso, spezzato da
incerti singhiozzi,
sospiri interrotti,
fremiti alati.
Quegl’occhi chiusi
appartengono ad
un buio puro, senza
macerie, nè lacrime.
Lentamente si racchiude
come conchiglia aurorale
che serba sale ed
emozioni,
proteggendosi da
lamine di vetro
crudeli.
Armatura pesante,
scorza d’una mente
fragile, intrappolata
dal turbine dissacrante
d’una negazione.


Briciole di piombo,
nella pioggia funerea
d’un mercoledì.

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